Il
tornado abbattutosi a San Quirino di Pordenone il 4 giugno 1999
A cura di Mauro Giovannoni
Pochi temporali producono grandine e pochissimi generano un tornado. Osservarne
uno risulta perciò molto difficile, anche se si vive in zone frequentemente
colpite da tali fenomeni. Il più delle volte, data la durata limitata di una
tromba d'aria, ci si accorge della sua presenza solamente quando sta per dissolversi:
risulta quindi ancora più difficoltoso riuscire a scattare delle foto.
Un meteofilo però è avvantaggiato perché difficilmente lascia esaurire un
temporale senza averlo osservato dalle sue fasi iniziali.
Capita così che alcuni appassionati riescano a produrre documenti eccezionali
come quello che mostriamo ed analizziamo in questa pagina. Il tornado si è
abbattuto nella zona di S. Quirino di Pordenone nella mattina del 4 giugno
1999.
La meteora presenta tutte le caratteristiche di un forte tornado mesociclonico.
Immagini simili giungono spesso solo dagli Stati Uniti ed anche per questo
motivo sono di fondamentale importanza. La dinamica della formazione dei temporali
a supercella risulta naturalmente uguale in tutto il mondo ed il Nord-Est
della nostra Penisola può essere considerato come un "piccolo Midwest".
Sulle pianure del Veneto e del Friuli possono abbattersi tornado catastrofici
paragonabili ai più violenti tornado statunitensi.
La zona in questione è "coperta" da 2 siti radar (approfitto per
complimentarmi con i responsabili di tali siti) in grado di intercettare eventuali
echi a uncino nei temporali; purtroppo però i radar non sono collegati ad
un sistema di allarme con sirene e risultano quindi poco efficaci (almeno
per ora) nella difesa contro le trombe d'aria.
Esprimo ora un sentito ringraziamento a Simone Palpacelli e a Roberto Pitton
che hanno seguito il tornado e scattato questa sequenza forse senza precedenti
nel nostro paese.
Cliccare sulle immagini per vederle ingrandite.
Fig_1 | Fig_2 | Fig_3 | ||
Fig_4 | Fig_5 | Fig_6 | ||
Fig_7 | Fig_8 |
Il tornado ha raggiunto il grado F2 sulla scala Fujita scoperchiando case,
abbattendo alberi e linee elettriche su un percorso lungo oltre 2 Km. L'imbuto
del tornado è illuminato dalla luce del Sole da Est: appare quindi bianco
come ogni altra nube. Il cono, costituito da goccioline d'acqua, non si estende
mai fino al suolo nella sequenza ma il vortice è sicuramente in contatto con
il terreno. Nelle figure 1,2 e 3 il tornado colpisce probabilmente con la
massima intensità: è cioè in fase matura (mature stage).
Nelle figure 4, 5 e 6 il diametro del vortice diminuisce: il tornado è nella
fase di assottigliamento (shrinking stage).
L'aspetto contorto della nube a imbuto nelle figure 7 e 8 mostra la tromba
nella fase di decadimento (decaying stage).
La sicurezza del contatto del vortice col terreno viene dall'osservazione
del sollevamento di polvere e detriti.
In questa immagine, elaborata per evidenziare i particolari utili, si osservano
chiaramente una grande cortina di polvere (di colore ocra) a forma di U
ed alcuni detriti o macerie sollevati dal tornado.
Il grande diametro dell'imbuto e il suo aspetto turbolento e disordinato fanno
pensare che il tornado discenda da un temporale a supercella. A questa conclusione
si giunge anche osservando le immagini da satellite.
Nell'animazione si osserva l'eruzione violenta della supercella sulla Pianura
Padana Orientale. Il temporale appare isolato, molto grande e di forma tondeggiante.
Nella prima fase il cumulonembo, osservato dal satellite, assume la caratteristica
forma a V tipica delle tempeste violente ed indice di forti
venti ad alta quota (sudoccidentali nel caso specifico). La corrente a getto
contribuisce ad accelerare la convezione favorendo così l'insorgere di grandinate
e tornado. Risulta utile osservare anche altri elementi.
Questa immagine è stata scattata alle 10.00 ora locale ed è assolutamente
straordinaria. Un particolare di grande importanza è la macchia che si scorge
sulla parte meridionale della grande incudine. Essa non è altro che l'ombra
della cupola (overshooting top, dome)
proiettata sull'incudine dai raggi radenti del sole mattutino.
Ma il particolare più affascinante è senza dubbio l'isolamento della supercella.
Essa appare completamente circondata (nella parte occidentale e meridionale)
da una zona di cielo quasi sereno. E' l'aria fredda che, partecipando al moto
antiorario del mesociclone, dilaga dagli strati intermedi della troposfera
fin nella parte posteriore del temporale impedendo qualunque tipo di convezione
per decine di chilometri.
L'analisi al suolo si riferisce alle 8.00 ora locale. Come si può notare il
fronte freddo esteso dal Piemonte alle Baleari è ancora molto lontano. Al
momento dello sviluppo della supercella cioè l'aria fredda non aveva ancora
valicato le Alpi. E' mia opinione che il temporale si sia generato in un contesto
di grande instabilità locale e che la nascita non è stata determinata dal
passaggio di fronti o linee di instabilità in quota.
E' probabile invece che sul luogo fosse presente una debole inversione a bassa
quota in grado di inibire moti convettivi e trattenere così l'aria caldo-umida
nei bassi strati. Tale situazione si è mantenuta in equilibrio (molto instabile)
fino a quando un fattore è intervenuto a creare una falla in tale "barriera".
A quel punto tutta l'aria al di sotto dell'inversione si è riversata nella
breccia dando luogo ad una spinta verticale esplosiva. La rotazione dei venti
alle basse quote, trascinata in posizione verticale da tale moto convettivo,
ha generato il mesociclone della supercella.
Quello che resta da chiarire è la natura del fattore che ha permesso all'aria
calda di attraversare l'inversione termica: il calore del sole non appare
sufficiente data l'ora in cui l'evento si è sviluppato. Come abbiamo visto,
inoltre, non vi erano nella zona sistemi frontali.
Nel radiosondaggio di Udine delle ore 00.00 UTC del 4/6/1999 si possono notare:
la presenza della corrente a getto, 2 inversioni termiche alle quote di 900
e 700 hpa, aria caldo-umida nei bassi strati e la rotazione della direzione
dei venti da E a SW. Fondamentale nell'ipotesi prima descritta potrebbe essere
stata l'inversione a 900 hpa. Naturalmente il sondaggio precede di 7 ore l'evento
e non può quindi risultare di grande aiuto. Da queste riflessioni si evidenzia
la quasi totale imprevedibilità dei tornado. L'unica difesa è per ora costituita
dai radar: possiamo cioè lanciare l'allarme non appena il tracciato evidenzia
l'inizio della rotazione mesociclonica. Il margine di tempo per avvertire
la popolazione è di soli 10-20 minuti. Ma in America questo tempo è sufficiente
a salvare molte persone.
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